Devo uscire, vedere gente, devo sentire la folla e chiedere permesso, ascoltare voci e condividere spazi.
Devo entrare nel traffico, devo fare rumore, devo aggiungere il mio caos al caos, sorpassare di fretta, prendermela con chi questa fretta non ce l'ha e non la vuole avere.
Devo entrare nel posto di lavoro, prendere il caffè con i colleghi, parlare, rispondere, sentire squillare telefoni, innumerevoli suonerie e assorbire discorsi non diretti a me.
Devo sentire lo stacco con l'ambiente familiare, chiudermi la porta di casa alle spalle lasciando ordine o confusione come carattere, o giornata, comanda.
Bhè, io no.
Io vorrei stare in quell'angolino di casa mia, in quella nicchia di un metro per un metro e trenta, a fianco alla porta finestra del terrazzo, a sud ovest. Vorrei lavorare senza dover essere costretta a condividere, immersa nel silenzio della campagna e dei frutteti. Vorrei guardare la scia di vapore acqueo del canale in inverno e il riflesso del sole in estate. Decidere di sentire solo il mio rumore.
E decidere se farne.